https://www.noleggioapparecchiacustici.it/wp-content/uploads/2020/09/3666429.jpg5801200La Redazionehttps://www.noleggioapparecchiacustici.it/wp-content/uploads/2019/04/logo340a.pngLa Redazione2020-09-24 10:41:052022-11-16 19:17:07Mascherina e apparecchi acustici al tempo del Covid 19
Le nostre orecchie non hanno un ruolo principale soltanto per l’udito, ma si occupano anche di un’altra cosa molto importante: l’equilibrio. Vediamo più in dettaglio qual è il loro compito.
Il più delle volte diamo per scontato di avere l’equilibrio necessario per svolgere tutte le attività quotidiane. Eppure, se ci sembra così semplice anche solo camminare o saltare, il sistema interno che si occupa e regola il nostro equilibrio è complesso e delicato. Molti sono i fattori che possono portare ad una mancanza di esso o ad avvertire la sensazione di vertigine e capogiro: tra questi, i problemi dell’orecchio interno.
Sebbene questo problema possa verificarsi a qualunque età, è bene sapere che le cadute dovute proprio alla perdita di equilibrio sono responsabili per oltre la metà delle morti accidentali di persone con età superiore ai 65 anni e della maggior parte delle fratture femorali all’anno. Ecco perché è sempre bene prestare attenzione nel caso si notassero problemi di equilibrio: è importante recarsi subito dal medico per diagnosticare quanto prima la causa delle difficoltà e iniziare subito la terapia più adatta.
Gli organi sensibili e delicati che si occupano del mantenimento del nostro equilibrio si trovano nei pressi della coclea, nell’orecchio definito ‘interno’, e vengono chiamati “organi vestibolari”. Questi racchiudono un particolare fluido detto “endolinfa”, che si sposta al nostro movimento della testa, esercitando una pressione sulle cellule ciliate nell’orecchio interno. Esse, collaborando con le informazioni provenienti dagli occhi, inviano al cervello i messaggi che riguardano il cambiamento di posizione del nostro corpo. Il cervello, a sua volta, colleziona tutte queste informazioni e coordina la risposta del corpo, in modo da mantenerlo nel giusto equilibrio. Notevole, non è vero? Notevole quanto complesso e delicato, ed è per questo che a volte può mancare l’equilibrio.
Perché possono esserci problemi?
I problemi di staticità e di equilibrio insorgono quando c’è qualcosa che non va e che interrompe questa collaborazione fra organi vestibolari, occhi e cervello. Lo stesso invecchiamento degli organi vestibolari provoca una perdita naturale del fluido endolinfatico ed una minore sensibilità delle cellule ciliate. Ma anche malattie, traumi cranici e infezioni possono contribuire a causare disturbi dell’equilibrio e vertigini.
Grazie ad una adeguata diagnosi e con gli esercizi terapeutici appropriati, la maggior parte dei problemi di equilibrio può essere gestita e tenuta sotto controllo!
Soffrire di ipoacusia è un problema che riguarda tutti, non solamente chi ne è affetto. Come una ragnatela, rende tutti prigionieri: gli effetti negativi si riversano anche su chi sta intorno, e aiutare chi ha problemi uditivi diventa un atto generoso per ritrovare la giusta armonia familiare.
La perdita dell’udito ha un impatto enorme sulla vita delle persone che soffrono d’ipoacusia, ma non coinvolge solo loro. Riguarda anche il partner, i familiari e gli amici che si ritrovano a vivere la frustrazione di dover sempre ripetere frasi o parole e sperimentano il dolore di vedere il proprio caro isolarsi, allontanandosi dalle persone e dalle attività che ha sempre amato. Non è piacevole vedere un familiare, attivo e intraprendente, in imbarazzo specialmente quando interagisce con gli altri. Persino le situazioni quotidiane come guardare la TV possono diventare causa di fastidio e malessere, ad esempio per il volume troppo alto.
La perdita uditiva influisce negativamente su una parte importantissima della nostra vita: l’interazione con gli altri. Gestire una vita sociale con i sintomi dell’ipoacusia può essere molto stressante, soprattutto se associati gli effetti dell’invecchiamento. Ecco perché se vediamo un nostro caro in difficoltà, la cosa più utile da fare è agire.
La maggior parte delle persone affette da ipoacusia aspetta fino all’ultimo prima di chiedere aiuto. Questo comportamento è tanto sbagliato quanto deleterio. Più passa il tempo e meno veloci ed efficienti sono i benefici che si possono ottenere anche con una cura adeguata: i nervi essenziali per la funzione uditiva infatti, se non stimolati, perdono la loro capacità di trasmettere suoni al cervello.
Come aiutare i nostri cari
Cosa si può fare quindi per aiutare una persona che ci sta a cuore e che soffre di perdita uditiva? La cosa più importante è parlarne con lei apertamente: falle notare con gentilezza e tatto le sue difficoltà uditive, consigliandole di effettuare una visita audiometrica e magari offrendoti di prenotargliela tu e di accompagnarla personalmente all’appuntamento.
Siate comprensivi e pazienti, soprattutto se trovate una certa diffidenza iniziale. Accettare un problema, ad una certa età, può richiedere del tempo. In questi casi è bene far notare come in realtà non ci sia nulla da perdere nel fare un accertamento medico, ma tutto da guadagnare. Ricordategli che il trattamento dell’ipoacusia ha un elevato grado di successo, che il mercato offre oggi una grande varietà di modelli di apparecchi acustici, pensati per ogni caso e che ci sono molti benefici da trarre nella cura dell’ipoacusia: riacquistare una capacità uditiva ottimale permette di riacquistare anche la fiducia in sé stessi, un’elasticità mentale che con l’ipoacusia si va a perdere e ristabilire una capacità di comunicazione soddisfacente e piena.
Un semplice controllo dell’udito può convincere una persona a te cara a riprendere in mano la propria vita. Consulta l’Audioprotesista: ti saprà indicare con professionalità la strada più giusta.
Gli studi e le ricerche che affermano un maggior rischio di declino cognitivo in persone anziane con problemi di udito sono sempre maggiori. C’è davvero un legame fra perdita uditiva ed effetti negativi sul cervello? E gli apparecchi acustici che ruolo possono giocare?
Il senso dell’udito avviene grazie ad una collaborazione fra orecchio e cervello. Questo elabora ed interpreta i suoni raccolti per mezzo delle orecchie affinché siano comprensibili. Il lavoro di ‘trasformazione’ del cervello prende il nome di ‘carico o sforzo cognitivo’. Se si hanno problemi di udito non trattati, il suono arriva comunque al cervello, ma deformato, degradato: lo sforzo che la mente deve fare per interpretarlo correttamente è maggiore, e richiede più energie del necessario.
Uno studio molto significativo è stato condotto da un team di ricercatori di Baltimora (USA). Essi hanno seguito per sei anni quasi 2000 anziani che presentavano, all’inizio della ricerca, normali capacità cognitive. Il declino ha iniziato a verificarsi con modalità e tempistiche differenti fra chi aveva problemi uditivi e chi no. Per entrare nello specifico i ricercatori hanno stimato che i soggetti ipoacusici hanno un 24% di possibilità più alta di perdere colpi, o detto in altri termini, che un anziano con problemi uditivi impiega circa 7,7 anni per perdere il 20% delle capacità cognitive, mentre per una persona normo-udente ce ne vogliono quasi 11.
La conclusione dello studio secondo i ricercatori statunitensi è univoca: perdita di udito e accelerazione del declino cognitivo sono collegati. Ma quali sono le cause di questo legame? Le ipotesi avanzate e con più credito per ora sono due. Un motivo, il più intuitivo e già citato prima, è che la scarsa capacità uditiva costringe il nostro cervello a sfruttare più energie del dovuto per decifrare i suoni, sottraendone alla capacità di pensare e ricordare. L’altra possibile ipotesi è che gli anziani che ci sentono di meno sono più portati a isolarsi, e quindi non allenano più quella capacità cognitiva necessaria per mantenere un ruolo attivo nella società.
L’utilità degli apparecchi acustici
Ma in questo discorso come si inseriscono gli apparecchi acustici? E come possono tornare utili? è molto semplice. La funzione principale degli apparecchi acustici è quella di elaborare i suoni, affinché il cervello possa interpretarli e comprenderli con facilità. Il loro utilizzo contribuisce così a ridurre lo sforzo cognitivo della nostra mente, lasciando le energie necessarie per compiere altri lavori. I vantaggi e i benefici dell’indossare gli apparecchi acustici sono molti: minor affaticamento mentale, minore sensazione di isolamento e depressione, miglioramento della memoria, maggior attenzione e concentrazione, migliore capacità comunicativa.
Se hai il sospetto di soffrire di problemi cognitivi, o se credi che una persona a te cara possa soffrirne, prenota subito un appuntamento con l’Audioprotesista: la prevenzione è sempre migliore di qualsiasi cura!
https://www.noleggioapparecchiacustici.it/wp-content/uploads/2019/04/Alzheimer.jpg527800La Redazionehttps://www.noleggioapparecchiacustici.it/wp-content/uploads/2019/04/logo340a.pngLa Redazione2020-02-27 12:07:202020-11-23 12:21:44Problemi di udito e declino cognitivo
Dolce, premuroso, fedele, sempre pronto a starti accanto: il cane è tutto questo e molto altro. Non a caso viene definito il migliore amico dell’uomo e lo è a tutti gli effetti. Ma il cane sa essere molto di più: sono sempre maggiori infatti i centri di addestramento dei service dogs, ma più precisamente degli Hearing Dogs, i cani che vivono per aiutare il proprio padrone con disabilità.
Un telefono che squilla. Il citofono che suona. Il timer del forno che avvisa la cottura ultimata. La sveglia che ogni mattina trilla puntuale. Sono solamene quattro esempi di suoni banalissimi e quotidiani che siamo abituati a sentire e a sottovalutare. Ma per una persona con perdita uditiva percepire e riconoscere questi segnali non è per nulla un fatto scontato.
Nasce da qui l’idea dell’hearing dog. Ma di preciso, cos’è? L’hearing dog rientra nella – fortunatamente – vasta schiera dei service dog, cani addestrati specificatamente per convivere e aiutare nella proprio quotidianità persone con disabilità. I cani guida sono forse i portavoce più famosi di questo amorevole esercito a quattro zampe, ma da qualche anno a questa parte si stanno facendo conoscere sempre di più anche gli hearing dogs, cani addestrati per offrire assistenza specifica alle persone sorde o con capacità uditive ridotte.
Il fenomeno si diffonde velocemente prima in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti e in Australia: in Italia questa è una realtà ancora poco conosciuta, ma grazie alla prima associazione nata a Vicenza sta finalmente prendendo piede anche nel nostro Paese. In Gran Bretagna gli hearing dogs sono facilmente riconoscibili perché indossano una “divisa” speciale: un collare e un guinzaglio arancione.
Il loro principale compito è quello di riconoscere i suoni al posto dei loro umani, che non riescono a percepirli, ed avvisarli. Con un tocco di zampa o di muso sulle gambe e sulle mani dei padroni il cane riesce ad attirare la sua attenzione e a dirigerlo verso la fonte rumorosa. Così facendo, la routine di una persona sorda è semplificata dal supporto di un compagno fedele.
In realtà gli hearing dogs non sono solo addestrati per portare il padrone verso il suono giusto, ma sono in grado di riconoscere anche un particolare suono e di allontanare il padrone dal punto in cui il rumore si è generato, per tenerlo distante da una situazione di possibile pericolo, come ad esempio un allarme antincendio. Ciò dimostra che questi cani hanno un ruolo fondamentale anche per quanto concerne la sicurezza della persona che assistono, e non solo per semplificargli le attività di ogni giorno.
In più, agli hearing dogs non importa nulla del pedigree: qualsiasi cane può diventare un impeccabile hearing dog, a prescindere dalla taglia o dalla razza. Sono ovviamente necessari alcuni requisiti però. Quali? Beh, tanta vitalità, sensibilità, intelligenza, peli e amore! Vi sembra poco?!
“Sono attratto da chi fa belle foto” ha detto Jay Mather, Premio Pulitzer per la fotografia. E gli scatti del fotografo Gary Albertson lo hanno davvero attirato. Nulla di strano in effetti, se non fosse che Gary Albertson è cieco. “Sono attratto da chi fa belle foto” ha detto Jay Mather “e anche dalle belle storie. E quella di Albertson andava raccontata”.
Gary Albertson ha come fedele compagna di vita una macchina fotografica. Lo accompagna sempre, è il suo miglior alleato per perseguire il suo sogno, quello di diventare un fotografo affermato. Fino a quando, nel 2010, i medici diagnosticano ad Albertson una rara forma di glaucoma che in poco tempo lo ha portato a perdere quasi completamente la vista. Per Albertson è un colpo durissimo, un dramma che tenta di spiegare a chi gli sta intorno con queste parole: “È come aver voglia di abbracciare forte qualcuno ma accorgersi all’improvviso di aver le braccia tagliate e non poterlo fare”.
Si infrange così il sogno di Gary, che progressivamente inizia a rifiutare tutto, e soprattutto la sua macchina fotografica. All’amico di sempre, Dennis, confida di non avere più alcun interesse per niente di ciò che lo circonda, meno che mai per la fotografia: la sua visione ormai periferica e limitata non è sufficiente per poter utilizzare un obiettivo fotografico, e non riesce più ad immortalare la natura, il suo soggetto preferito.
È proprio grazie all’aiuto paziente e al sostegno di Dennis, giorno dopo giorno, che Albertson si lascia convincere a ritentare. Gary deve ripensarsi fotografo, deve cambiare prospettiva e non affidarsi più ai suoi occhi, ma ad altro. “Non potevo più usare la vista e così ho cominciato a pensare che le mie orecchie dovessero sostituirsi ai miei occhi”.
Adesso è il suono dell’acqua, il fruscio delle foglie e del vento che trasportano Albertson durante i suoi scatti. Si lascia ispirare dai rumori della natura per comporre le fotografie, immagini meravigliose che finiscono per attirare l’attenzione di Jay Mather, con il quale inizia una collaborazione.
Dopo mesi di scatti, il lavoro dei due fotografi è diventato protagonista di una mostra fotografica presso il The Casey Eye Institute dell’Oregon Health&Science University, che ha ottenuto un successo entusiasmante.
“Bisogna saper utilizzare tutti i sensi. Anche quando si scatta una fotografia. Certo il senso della vista è fondamentale, ma non si deve rinunciare a usare anche tutti gli altri. Bisogna solo scoprirli”. E Albertson ha saputo davvero come fare.
https://www.noleggioapparecchiacustici.it/wp-content/uploads/2019/04/slide_296434_2428209_free.jpg427600La Redazionehttps://www.noleggioapparecchiacustici.it/wp-content/uploads/2019/04/logo340a.pngLa Redazione2020-02-20 10:43:352020-11-23 12:39:05Gary Albertson, il fotografo che "sente" gli scatti
Apparecchi acustici invisibili
Apparecchi acustici ricaricabili
Perché noleggiare gli apparecchi acustici?
Lo sapevi che…?
Mascherina e apparecchi acustici al tempo del Covid 19
Un equilibrio… delicatamente perfetto!
Le nostre orecchie non hanno un ruolo principale soltanto per l’udito, ma si occupano anche di un’altra cosa molto importante: l’equilibrio. Vediamo più in dettaglio qual è il loro compito.
Il più delle volte diamo per scontato di avere l’equilibrio necessario per svolgere tutte le attività quotidiane. Eppure, se ci sembra così semplice anche solo camminare o saltare, il sistema interno che si occupa e regola il nostro equilibrio è complesso e delicato. Molti sono i fattori che possono portare ad una mancanza di esso o ad avvertire la sensazione di vertigine e capogiro: tra questi, i problemi dell’orecchio interno.
Sebbene questo problema possa verificarsi a qualunque età, è bene sapere che le cadute dovute proprio alla perdita di equilibrio sono responsabili per oltre la metà delle morti accidentali di persone con età superiore ai 65 anni e della maggior parte delle fratture femorali all’anno. Ecco perché è sempre bene prestare attenzione nel caso si notassero problemi di equilibrio: è importante recarsi subito dal medico per diagnosticare quanto prima la causa delle difficoltà e iniziare subito la terapia più adatta.
Gli organi sensibili e delicati che si occupano del mantenimento del nostro equilibrio si trovano nei pressi della coclea, nell’orecchio definito ‘interno’, e vengono chiamati “organi vestibolari”. Questi racchiudono un particolare fluido detto “endolinfa”, che si sposta al nostro movimento della testa, esercitando una pressione sulle cellule ciliate nell’orecchio interno. Esse, collaborando con le informazioni provenienti dagli occhi, inviano al cervello i messaggi che riguardano il cambiamento di posizione del nostro corpo. Il cervello, a sua volta, colleziona tutte queste informazioni e coordina la risposta del corpo, in modo da mantenerlo nel giusto equilibrio. Notevole, non è vero? Notevole quanto complesso e delicato, ed è per questo che a volte può mancare l’equilibrio.
Perché possono esserci problemi?
I problemi di staticità e di equilibrio insorgono quando c’è qualcosa che non va e che interrompe questa collaborazione fra organi vestibolari, occhi e cervello. Lo stesso invecchiamento degli organi vestibolari provoca una perdita naturale del fluido endolinfatico ed una minore sensibilità delle cellule ciliate. Ma anche malattie, traumi cranici e infezioni possono contribuire a causare disturbi dell’equilibrio e vertigini.
Grazie ad una adeguata diagnosi e con gli esercizi terapeutici appropriati, la maggior parte dei problemi di equilibrio può essere gestita e tenuta sotto controllo!
Soffrire di ipoacusia
Come aiutare una persona cara
Soffrire di ipoacusia è un problema che riguarda tutti, non solamente chi ne è affetto. Come una ragnatela, rende tutti prigionieri: gli effetti negativi si riversano anche su chi sta intorno, e aiutare chi ha problemi uditivi diventa un atto generoso per ritrovare la giusta armonia familiare.
La perdita dell’udito ha un impatto enorme sulla vita delle persone che soffrono d’ipoacusia, ma non coinvolge solo loro. Riguarda anche il partner, i familiari e gli amici che si ritrovano a vivere la frustrazione di dover sempre ripetere frasi o parole e sperimentano il dolore di vedere il proprio caro isolarsi, allontanandosi dalle persone e dalle attività che ha sempre amato. Non è piacevole vedere un familiare, attivo e intraprendente, in imbarazzo specialmente quando interagisce con gli altri. Persino le situazioni quotidiane come guardare la TV possono diventare causa di fastidio e malessere, ad esempio per il volume troppo alto.
La perdita uditiva influisce negativamente su una parte importantissima della nostra vita: l’interazione con gli altri. Gestire una vita sociale con i sintomi dell’ipoacusia può essere molto stressante, soprattutto se associati gli effetti dell’invecchiamento. Ecco perché se vediamo un nostro caro in difficoltà, la cosa più utile da fare è agire.
La maggior parte delle persone affette da ipoacusia aspetta fino all’ultimo prima di chiedere aiuto. Questo comportamento è tanto sbagliato quanto deleterio. Più passa il tempo e meno veloci ed efficienti sono i benefici che si possono ottenere anche con una cura adeguata: i nervi essenziali per la funzione uditiva infatti, se non stimolati, perdono la loro capacità di trasmettere suoni al cervello.
Come aiutare i nostri cari
Cosa si può fare quindi per aiutare una persona che ci sta a cuore e che soffre di perdita uditiva? La cosa più importante è parlarne con lei apertamente: falle notare con gentilezza e tatto le sue difficoltà uditive, consigliandole di effettuare una visita audiometrica e magari offrendoti di prenotargliela tu e di accompagnarla personalmente all’appuntamento.
Siate comprensivi e pazienti, soprattutto se trovate una certa diffidenza iniziale. Accettare un problema, ad una certa età, può richiedere del tempo. In questi casi è bene far notare come in realtà non ci sia nulla da perdere nel fare un accertamento medico, ma tutto da guadagnare. Ricordategli che il trattamento dell’ipoacusia ha un elevato grado di successo, che il mercato offre oggi una grande varietà di modelli di apparecchi acustici, pensati per ogni caso e che ci sono molti benefici da trarre nella cura dell’ipoacusia: riacquistare una capacità uditiva ottimale permette di riacquistare anche la fiducia in sé stessi, un’elasticità mentale che con l’ipoacusia si va a perdere e ristabilire una capacità di comunicazione soddisfacente e piena.
Un semplice controllo dell’udito può convincere una persona a te cara a riprendere in mano la propria vita. Consulta l’Audioprotesista: ti saprà indicare con professionalità la strada più giusta.
Problemi di udito e declino cognitivo
Due strade destinate a incrociarsi
Gli studi e le ricerche che affermano un maggior rischio di declino cognitivo in persone anziane con problemi di udito sono sempre maggiori. C’è davvero un legame fra perdita uditiva ed effetti negativi sul cervello? E gli apparecchi acustici che ruolo possono giocare?
Il senso dell’udito avviene grazie ad una collaborazione fra orecchio e cervello. Questo elabora ed interpreta i suoni raccolti per mezzo delle orecchie affinché siano comprensibili. Il lavoro di ‘trasformazione’ del cervello prende il nome di ‘carico o sforzo cognitivo’. Se si hanno problemi di udito non trattati, il suono arriva comunque al cervello, ma deformato, degradato: lo sforzo che la mente deve fare per interpretarlo correttamente è maggiore, e richiede più energie del necessario.
Uno studio molto significativo è stato condotto da un team di ricercatori di Baltimora (USA). Essi hanno seguito per sei anni quasi 2000 anziani che presentavano, all’inizio della ricerca, normali capacità cognitive. Il declino ha iniziato a verificarsi con modalità e tempistiche differenti fra chi aveva problemi uditivi e chi no. Per entrare nello specifico i ricercatori hanno stimato che i soggetti ipoacusici hanno un 24% di possibilità più alta di perdere colpi, o detto in altri termini, che un anziano con problemi uditivi impiega circa 7,7 anni per perdere il 20% delle capacità cognitive, mentre per una persona normo-udente ce ne vogliono quasi 11.
La conclusione dello studio secondo i ricercatori statunitensi è univoca: perdita di udito e accelerazione del declino cognitivo sono collegati. Ma quali sono le cause di questo legame? Le ipotesi avanzate e con più credito per ora sono due. Un motivo, il più intuitivo e già citato prima, è che la scarsa capacità uditiva costringe il nostro cervello a sfruttare più energie del dovuto per decifrare i suoni, sottraendone alla capacità di pensare e ricordare. L’altra possibile ipotesi è che gli anziani che ci sentono di meno sono più portati a isolarsi, e quindi non allenano più quella capacità cognitiva necessaria per mantenere un ruolo attivo nella società.
L’utilità degli apparecchi acustici
Ma in questo discorso come si inseriscono gli apparecchi acustici? E come possono tornare utili? è molto semplice. La funzione principale degli apparecchi acustici è quella di elaborare i suoni, affinché il cervello possa interpretarli e comprenderli con facilità. Il loro utilizzo contribuisce così a ridurre lo sforzo cognitivo della nostra mente, lasciando le energie necessarie per compiere altri lavori. I vantaggi e i benefici dell’indossare gli apparecchi acustici sono molti: minor affaticamento mentale, minore sensazione di isolamento e depressione, miglioramento della memoria, maggior attenzione e concentrazione, migliore capacità comunicativa.
Se hai il sospetto di soffrire di problemi cognitivi, o se credi che una persona a te cara possa soffrirne, prenota subito un appuntamento con l’Audioprotesista: la prevenzione è sempre migliore di qualsiasi cura!
Hearing dogs: “Se vuoi, ti presto le mie orecchie”
Piccoli, grandi aiutanti a 4 zampe!
Dolce, premuroso, fedele, sempre pronto a starti accanto: il cane è tutto questo e molto altro. Non a caso viene definito il migliore amico dell’uomo e lo è a tutti gli effetti. Ma il cane sa essere molto di più: sono sempre maggiori infatti i centri di addestramento dei service dogs, ma più precisamente degli Hearing Dogs, i cani che vivono per aiutare il proprio padrone con disabilità.
Un telefono che squilla. Il citofono che suona. Il timer del forno che avvisa la cottura ultimata. La sveglia che ogni mattina trilla puntuale. Sono solamene quattro esempi di suoni banalissimi e quotidiani che siamo abituati a sentire e a sottovalutare. Ma per una persona con perdita uditiva percepire e riconoscere questi segnali non è per nulla un fatto scontato.
Nasce da qui l’idea dell’hearing dog. Ma di preciso, cos’è? L’hearing dog rientra nella – fortunatamente – vasta schiera dei service dog, cani addestrati specificatamente per convivere e aiutare nella proprio quotidianità persone con disabilità. I cani guida sono forse i portavoce più famosi di questo amorevole esercito a quattro zampe, ma da qualche anno a questa parte si stanno facendo conoscere sempre di più anche gli hearing dogs, cani addestrati per offrire assistenza specifica alle persone sorde o con capacità uditive ridotte.
Il fenomeno si diffonde velocemente prima in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti e in Australia: in Italia questa è una realtà ancora poco conosciuta, ma grazie alla prima associazione nata a Vicenza sta finalmente prendendo piede anche nel nostro Paese. In Gran Bretagna gli hearing dogs sono facilmente riconoscibili perché indossano una “divisa” speciale: un collare e un guinzaglio arancione.
Il loro principale compito è quello di riconoscere i suoni al posto dei loro umani, che non riescono a percepirli, ed avvisarli. Con un tocco di zampa o di muso sulle gambe e sulle mani dei padroni il cane riesce ad attirare la sua attenzione e a dirigerlo verso la fonte rumorosa. Così facendo, la routine di una persona sorda è semplificata dal supporto di un compagno fedele.
In realtà gli hearing dogs non sono solo addestrati per portare il padrone verso il suono giusto, ma sono in grado di riconoscere anche un particolare suono e di allontanare il padrone dal punto in cui il rumore si è generato, per tenerlo distante da una situazione di possibile pericolo, come ad esempio un allarme antincendio. Ciò dimostra che questi cani hanno un ruolo fondamentale anche per quanto concerne la sicurezza della persona che assistono, e non solo per semplificargli le attività di ogni giorno.
In più, agli hearing dogs non importa nulla del pedigree: qualsiasi cane può diventare un impeccabile hearing dog, a prescindere dalla taglia o dalla razza. Sono ovviamente necessari alcuni requisiti però. Quali? Beh, tanta vitalità, sensibilità, intelligenza, peli e amore! Vi sembra poco?!
Gary Albertson, il fotografo che “sente” gli scatti
“Sono attratto da chi fa belle foto” ha detto Jay Mather, Premio Pulitzer per la fotografia. E gli scatti del fotografo Gary Albertson lo hanno davvero attirato. Nulla di strano in effetti, se non fosse che Gary Albertson è cieco. “Sono attratto da chi fa belle foto” ha detto Jay Mather “e anche dalle belle storie. E quella di Albertson andava raccontata”.
Gary Albertson ha come fedele compagna di vita una macchina fotografica. Lo accompagna sempre, è il suo miglior alleato per perseguire il suo sogno, quello di diventare un fotografo affermato. Fino a quando, nel 2010, i medici diagnosticano ad Albertson una rara forma di glaucoma che in poco tempo lo ha portato a perdere quasi completamente la vista. Per Albertson è un colpo durissimo, un dramma che tenta di spiegare a chi gli sta intorno con queste parole: “È come aver voglia di abbracciare forte qualcuno ma accorgersi all’improvviso di aver le braccia tagliate e non poterlo fare”.
Si infrange così il sogno di Gary, che progressivamente inizia a rifiutare tutto, e soprattutto la sua macchina fotografica. All’amico di sempre, Dennis, confida di non avere più alcun interesse per niente di ciò che lo circonda, meno che mai per la fotografia: la sua visione ormai periferica e limitata non è sufficiente per poter utilizzare un obiettivo fotografico, e non riesce più ad immortalare la natura, il suo soggetto preferito.
È proprio grazie all’aiuto paziente e al sostegno di Dennis, giorno dopo giorno, che Albertson si lascia convincere a ritentare. Gary deve ripensarsi fotografo, deve cambiare prospettiva e non affidarsi più ai suoi occhi, ma ad altro. “Non potevo più usare la vista e così ho cominciato a pensare che le mie orecchie dovessero sostituirsi ai miei occhi”.
Adesso è il suono dell’acqua, il fruscio delle foglie e del vento che trasportano Albertson durante i suoi scatti. Si lascia ispirare dai rumori della natura per comporre le fotografie, immagini meravigliose che finiscono per attirare l’attenzione di Jay Mather, con il quale inizia una collaborazione.
Dopo mesi di scatti, il lavoro dei due fotografi è diventato protagonista di una mostra fotografica presso il The Casey Eye Institute dell’Oregon Health&Science University, che ha ottenuto un successo entusiasmante.
“Bisogna saper utilizzare tutti i sensi. Anche quando si scatta una fotografia. Certo il senso della vista è fondamentale, ma non si deve rinunciare a usare anche tutti gli altri. Bisogna solo scoprirli”. E Albertson ha saputo davvero come fare.